Investimenti diretti dall’estero Il Belpaese scala la classifica e la Francia si reinventa. 

Grazie ad una stagione di riforme, l’Italia si appresta a diventare il paese europeo che desta il maggiore interesse per gli investimenti stranieri. La Francia stabile si avvia invece verso un periodo di crescita.  

Nel 2021, gli investimenti stranieri tornano a crescere con la realizzazione di 207 progetti di investimenti diretti esteri. Questo aumento nei progetti segna una crescita del 1,5% sulla quota di mercato, arrivando ad un solido 3,5%, cifra piuttosto bassa considerando che altri paesi vicini, come la Francia o la Germania, raggiungono quote pari al 21% o 14%. La possiamo quindi definire una vittoria parziale per l’Italia, che è penalizzata da una complessa burocrazia e da normative talvolta difficili. Questo il quadro che emerge dal report EY attractiveness survey 2022, che però premia l’Italia con il primo posto per la quantità dei progetti che prenderanno vita nel 2022. Le motivazioni di questo risultato sono date dal fatto che il governo italiano ha saputo ben pianificare e ben allocare gli investimenti del post covid, soprattutto rafforzando l’economia italiana attraverso importanti riforme. Inoltre, il CEO di EY Italy sottolinea come per fare aumentare gli investimenti nel Belpaese sarà necessario garantire una nuova riforma del sistema burocratico e soprattutto che ci sia fiducia nel sistema integrato fra imprese cittadini e istituzioni.  

Sono stati diversi i settori che hanno attratto maggiormente gli investitori stranieri, come ad esempio quello dei software e dei servizi IT, che hanno attratto circa il 15% degli investimenti totali. In questo contesto, anche il settore della logistica o quello dei servizi B2B risultano essere attraenti. Segnano una crescita anche i settori dei beni di consumo (+214%) e quello dei macchinari e delle attrezzature (+234%). In calo invece il settore dell’elettronica e tlc (-57%). Gli americani sono fra quelli che più frequentemente investono in Italia e rappresentano infatti il 28% degli investimenti. I tedeschi sono i secondi maggiori investitori (17%, seguiti dai Francesi (14%). Hanno invece subito un arresto gli investimenti cinesi, diminuiti di circa il 50%. Dal punto di vista geografico, la distribuzione degli investimenti sul territorio italiano è piuttosto omogenea, registrando una crescita consistente nel sud Italia, sebbene il divario con il nord resti ancora ampio. 

Se da un lato l’Italia ha una crescita da non sottovalutare, la Francia continua seppure in maniera più lenta ad attrarre investitori stranieri, e lo fa tentando di ricostruire un tessuto industriale che sia più semplice, distribuito sul territorio e più dinamico. Già da qualche anno in Francia sono operative 148 aree geografiche in cui le aziende beneficiano di un sostegno specifico, e al cui interno sono stati predisposti 127 siti “chiavi in mano” per ospitare nuovi stabilimenti industriali», godendo di «procedure semplificate e digitali e un taglio rilevante delle imposte sulle società».  Il piano pensato per uno sviluppo industriale omogeneo e integrato ha visto già i primi risultati, infatti nel 2019 il numero delle aziende operative nel settore manufatturiero è cresciuto di circa 16000 unità e sono state 172 le nuove aziende che si sono installate e hanno cominciato a lavorare in una di queste aree.  

Parallelamente la Francia ha iniziato un piano di investimenti mirato su certi comparti industriali che hanno una forte possibilità di crescita e sviluppo. L’agroalimentare, la salute, l’industria automobilistica, l’aeronautica e l’industria spaziale. Allo stesso modo, le filiere delle tecnologie digitali, imprescindibili per la crescita dell’intera economia: l’IA, il cloud, l’Industria 4.0, i Big Data e la cybersecurity. Infine, ci sono le filiere che promuovono la transizione ecologica: le energie decarbonizzate, la mobilità sostenibile, il riciclaggio dei rifiuti.