La ricetta del Gattafin di Levanto

Il piatto ha origine dalla raccolta di erbe selvatiche da parte dei lavoratori di una vecchia cava di pietra in località la gatta, nelle vicinanze di Levanto e utilizzate dalle loro mogli per preparare questo piatto, chiamato quindi finezza della gatta ovvero Gattafin.
La preparazione è ancora oggi soltanto locale, anche se l’associazione Sapori di Levanto, per tutelare questo piatto tradizionale, ha voluto registrare la denominazione, depositando il marchio Gattafin.
Una spiegazione più ricercata dell’etimologia fa risalire l’origine del nome a gattafura, parola trecentesca che indica rafioli e torte.

Sia Maestro Martino, uno dei cuochi più famosi del XV secolo nel suo De arte Coquinaria, sia Bartolomeo Scappi, cuoco segreto di papa Pio V, ci hanno lasciato notizie sulla Gattafura.

Nel libro V della sua celebre Opera (1570) ci riporta la ricetta della Gattafura alla Genovese, una torta di erbe e formaggi simile alla più recente torta pasqualina.

Da oltre 500 anni in Liguria, e non solo, imprigioniamo le verdure tra due strati di pasta. Le torte di verdure hanno dato origine anche ai ravioli, che nel Rinascimento si consumavano fritti.

Ingredienti

Per il ripieno:

  • Bietole erbette o selvatiche,
  • erbette miste di campo,
  • cipollotti o cipolle dolci,
  • maggiorana fresca,
  • uova,
  • parmigiano grattugiato,
  • pecorino sardo stagionato,
  • olio extravergine d’oliva,
  • sale marino
  • (pepe o noce moscata)
  • facoltativa ricotta fresca

Per la pasta:

  • Farina tipo “O”,
  • olio extravergine d’oliva,
  • sale,
  • acqua
  • (vino bianco oppure un uovo)

Istruzioni

  • Lessare in acqua salata le verdure, scolarle e, una volta intiepidite, strizzarle bene e tritarle grossolanamente in una padella.
  • Rosolare in olio extravergine d’oliva la cipolla, o meglio i cipollotti tagliati a rondelle, passare le verdure in padella nelle cipolle rosolate per qualche minuto per insaporirle, quindi ritirarle e sistemarle in una ciotola e condire la farcia con i due formaggi grattugiati, sale, e, a piacere, aggiungere le spezie, la maggiorana lavata, sfogliata e tritata finemente, le uova ed un filo d’olio crudo.
  • Quando in primavera o autunno si privilegiano le erbette selvatiche si può addolcire, per contrastarne la punta amara della verdura, aggiungendo pochi cucchiai di ricotta freschissima.
  • Con la farina formare una fontana all’interno della quale si pone qualche cucchiaio di olio d’oliva, il sale e, a piacere, un uovo o del vino bianco per ogni kg di farina e dell’acqua fredda.
  • Quindi impastare fino ad ottenere un panetto di pasta morbida ed elastica.
  • Stendere la pasta sulla spianatoia e porvi, distanziati, dei cucchiai di farcitura, ripiegare la pasta sul ripieno e chiuderla lungo i bordi, tagliare lungo gli stessi con una rotella tagliapasta formando dei ravioloni a mezzaluna; comprimere con il palmo il ripieno e friggere in abbondante olio caldo.
  • Servire caldi o tiepidi