IL COMMERCIO FRONTALIERO DELLE OPERE D’ARTE. INFORMATIVA, PER ESERCENTI E PRIVATI, SULLA RIFORMA DEI REATI CONTRO IL PATRIMONIO CULTURALE E LA CRIMINALITÀ TRAN-SNAZIONALE DI SETTORE: L’ORDINAMENTO ITALIANO SI ADEGUA ALLA CONVENZIONE DI NICOSIA
Tradizionalmente, in Francia, con la primavera, si inaugura, per l’antiquariato, la stagione di qualificati eventi, a partire, quest’anno, dal 50° SALON D’ANTIQUES di Antibes.
L’arte, insomma, come volano di crescita post-pandemia, costituisce un’imperdibile occasione per commerci e scambi culturali, soprattutto fra territori di confine, ai quali, per questa ragione, si prevede che accederanno, per lavoro, passione o mera curiosità, le tante persone che apprezzano la capacità dei borghi francesi di adeguarsi a queste opportunità; così, ad esempio, il villaggio di Isle-sur-la-Sorgue si identificherà con la sua fiera, tanto quanto Cannes col Forville o Mentone col Brocante.
Ma, da ora in poi, i venditori ed i compratori, anche non professionali, che pur intendessero trattare i propri affari dall’estero, a quali regole dovranno attenersi, circa i loro rapporti con l’Italia, per evitare di commettere illeciti puniti, spesso gravemente, col carcere?
Lo scorso 23 marzo, nella nostra nazione, è entrata in vigore la legge n°. 22/22 (Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale).
Un mutamento epocale per tutti gli attori che, a vario titolo, si occupino di arte: privati, collezionisti, mercanti, piccoli antiquari, case d’aste e restauratori.
Dalla lettura degli articoli di questa disciplina, si ricava la sensazione di un intervento su una materia che, pur bisognosa di una ponderata riforma, ha finito per criminalizzare, potenzialmente, però, una fascia di popolazione internazionale, eletta perchè colta, con un trattamento irrispettoso, facendola apparire quasi come dedita ad alimentare, strutturalmente, il riciclaggio di capitali sporchi.
Una riforma assolutamente giusta, invece, sotto altro profilo, poichè accoglie le istanze che fanno, del patrimonio culturale, interno ed internazionale, quella testimonianza identitaria di popoli diversi: i beni culturali, insomma, sono considerati, oggi più che mai, una risorsa insostituibile per le generazioni attuali e future.
Segnatamente, si è attuato il divieto delle condotte offensive dei beni culturali, l’individuazione di sanzioni rigide, effettive e dissuasive, la cooperazione tra le autorità inquirenti per la consultazione e lo scambio di informazioni (artt.3-11-14-19 e 21 della Convenzione di Nicosia).
Non soltanto prevenzione e repressione, ma, affermazione dei principi costituzionali, per i quali, il patrimonio culturale e paesaggistico necessita di una tutela ulteriore rispetto a quella offerta alla proprietà privata (art. 9,Cost.), da cui, la scelta di utilizzare la legislazione antimafia per confiscare i patrimoni illecitamente accumulati con danno ai beni culturali e per colpire, con sanzioni interdittive, le società responsabili di tali reati, considerando come il traffico dei beni culturali, ex se , risulti fenomeno criminale trans-nazionale, secondo, solo, al commercio di armi e di droga.
Insomma, una grande sfida, con un dispiegamento di mezzi eccezionali, di fronte a minacce talora invisibili: in primis, il commercio di antichità online attraverso i social media ed il Deep Web.
La recente legge in trattazione ha adeguato l’ordinamento italiano alle misure più severe per prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali, come previsto dalla Convention on Offences relating to Cultural Property del Consiglio d’Europa (stipulata nel 2017 a Nicosia e ratificata dall’Italia con la l. n°. 6/22), in vigore dall’1.04.22, consentendo l’utilizzo degli strumenti di contrasto al crimine organizzato trans-nazionale previsti dalla United Nations Convention against Transnational Organized Crime (adottata a Palermo il 15.04.00, ratificata dall’Italia con la l. n°. 146/06).
In ossequio ai principi generali della nuova disciplina, si sono:
-introdotti, nel codice penale, ridefinendoli, gli illeciti attualmente previsti dallo stesso codice e da quello dei beni culturali;
-create nuove fattispecie di reato;
-elevate le vigenti pene edittali;
-previste aggravanti per i reati comuni riguardanti i beni culturali.
Le nuove regole, mediante la cooperazione nazionale ed internazionale, si propongono di prevenire e di combattere la distruzione intenzionale, il danno e la tratta dei beni culturali, di rafforzare le misure di prevenzione alla criminalità, per garantire un’adeguata risposta della giustizia penale; in particolare, esse puniscono una serie di condotte, tra le quali, il furto, gli scavi, l’importazione e l’esportazione, la falsificazione di documenti, oltre all’acquisizione ed alla commercializzazione dei beni illecitamente ottenuti.
Così, l’art. 1 (lett. a) della riforma amplia il catalogo dei delitti a confisca allargata ex art. 240-bis del c.p., ricomprendendovi la ricettazione, il traffico illecito di beni culturali o il loro impiego, se provento di delitto, di riciclaggio ed auto-riciclaggio.
L’art. 1 (lett. b) ha introdotto il nuovo Titolo VIII-bis (Dei delitti contro il patrimonio culturale) di diciassette articoli (da 518-bis a 518-duodevicies), trasferendo, nel codice penale, disposizioni precedentemente contenute dal codice sui beni culturali ed altre dell’anzidetta Convenzione di Nicosia del 2017.
Queste le nuove disposizioni del codice penale: art.518-bis (furto di beni culturali), art.518-ter (appropriazione indebita di beni culturali),art.518-quater (ricettazione di beni culturali),art. 518-quinquies (impiego di beni culturali provenienti da delitto),art.518-sexies relativo (riciclaggio di beni culturali),art. 518-septies (auto-riciclaggio di beni culturali),art. 518-octies (falsificazione di scrittura privata sulla provenienza di beni culturali);art.518-novies (violazioni in materia di alienazioni di beni culturali),art.518-decies (importazione illecita di beni culturali),art. 518-undecies (uscita o esportazione illecite di beni culturali), art. 518 duodecies (distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento, uso illecito di beni culturali o paesaggistici).
La riforma, dunque, ha creato autonome fattispecie penali, di natura delittuosa, subordinando la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, in assenza di opposizione del condannato, alla prestazione di attività socialmente utile per un tempo non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate, dal giudice, nella sentenza di condanna.
Le nuove regole annoverano, ancora, all’interno del codice penale, l’art. 518-terdecies (devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici), l’art. 518-quaterdecies (contraffazione di opere d’arte),l’art. 518-quinquiesdecies (esclusione della punibilità a titolo di contraffazione di colui che produce, detiene, vende o diffonde opere, copie o imitazioni dichiarando espressamente la loro non autenticità), l’art. 518-sexiesdecies (aggravanti per i reati contro beni culturali con danno di rilevante gravità o commessi nell’esercizio di un’attività professionale, commerciale, bancaria o finanziaria).
Il Titolo VIII-bis, invece, prevede l’art. 518-septiesdecies, che comporta la riduzione delle pene per ravvedimento operoso e l’art. 518-duodevicies per la confisca penale obbligatoria, in caso di condanna o patteggiamento – anche per equivalente – delle cose servite o destinate a commettere il reato o che ne costituiscano il prodotto, il profitto o il prezzo.
Di fondamentale importanza, inoltre, è l’estensione delle recenti disposizioni penali a tutela dei beni culturali, ex art. 518-undevieces, anche ai fatti commessi all’estero in danno del patrimonio culturale nazionale.
Con ciò estendendosi la previsione repressiva anche a quel soggetto che potesse, eventualmente, concorrere in un reato, pur senza varcare, ad esempio, le Alpi.
Non trascurando l’art. 1 della riforma che ha introdotto, nel codice penale, l’art. 707-bis, ossia la contravvenzione di possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di rilevatori di metalli, per colpire i tombaroli.
L’art. 2 della l. n°. 22/22 è dedicato alle attività sotto copertura – originariamente previste per alcuni delitti (falsità in monete, contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi, estorsione, sequestro di persona, usura, riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita, leggi sull’immigrazione e sugli stupefacenti, traffico illecito di rifiuti ai delitti con finalità di terrorismo e di eversione) – che il provvedimento legislativo estende, ora, alle attività di contrasto ai reati di riciclaggio e di auto-riciclaggio di beni culturali (ex art. 518-sexies e 518-septies) svolte dagli ufficiali di polizia giudiziaria degli organismi specializzati nel settore dei beni culturali.
L’impiego di personale sotto copertura, ovvero di veri e propri agenti provocatori, che si muoveranno in una complessa galassia caratterizzata da onesti, anche se, talora, capricciosi collezionisti abbagliati dal bello, prevedibilmente, potrebbe generare, a carico di questi ultimi, gravissimi inconvenienti di carattere penale, anche all’estero, per il fatto di aver inseguito, quasi sempre in completa buona fede, ma con condotte, non infrequentemente, maniacali e parossistiche, l’oggetto del desiderio.
L’art. 3 della riforma è intervenuto sulla materia disponendo, persino, la responsabilità amministrativa degli enti (decreto n°. 231/01) con gli artt. 25-septiesdecies (Delitti contro il patrimonio culturale) e 25-duodevicies (Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici).
La legge italiana – valevole, però, anche per gli acquirenti esteri che operano nel nostro Paese, cioè che comprino beni da nostri connazionali all’estero – ha inasprito le pene in termini talmente radicali da sfiorare l’irragionevolezza; si considerino i 6 anni di reclusione, come massimo, per l’importazione illecita di beni culturali (quando si discetti di modesto valore) e la sanzione fino ad 8 anni di carcere (e ben 80.000 euro di multa) per il loro trasferimento all’estero, nei casi di opere d’interesse artistico, storico, archeologico e, allo stesso tempo, per quei soggetti che non ottemperassero al termine previsto per il rientro nella nostra nazione.
Altrettanto severa la pena fino a 5 di reclusione per la contraffazione, l’alterazione, la riproduzione, la messa in vendita, la detenzione ai fini commerciali di un falso spacciato come autentico (anche quando si tratti di un’evidente crosta), in quanto dichiarato o periziato come tale da soggetto ben consapevole della sua reale natura.
A cura di…
Giuseppe Maria Gallo
Avvocato Cassazionista
Ambasciatore di Genova nel Mondo