Corretta applicazione della nozione di funzionario pubblico in Francia versus dei residenti in Italia: un caso senza risposte

Le risposte dell’Agenzia delle Entrate e il Service des Impôts des Particuliers Non-résidents (SIPNR) di Noisy Le Grand non si pronunciano in maniera chiara e univoca sulla corretta applicazione dell’articolo 19 della convenzione Francia Italia, per i residenti fiscali italiani che lavorano per l’amministrazione pubblica francese

L’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un’istanza di interpello presentata il 9 marzo 2022 avente ad oggetto la corretta applicazione della nozione di funzionario pubblico in Francia nel caso dei residenti in Italia che lavorino in Francia.

Cos’è l’interpello

L’interpello, secondo il diritto italiano, è un’istanza che il contribuente rivolge all’Amministrazione Finanziaria affinché quest’ultima dia una valutazione preventiva ad un’operazione economica che il contribuente deve porre in essere. Supponiamo che il contribuente debba pagare una determinata imposta sulla base di una determinata disposizione, lo stesso, ove vi siano obiettive condizioni di incertezza, puo interpellare l’Agenzia delle Entrate affinchè gli dia riscontro sul da farsi.

Il caso

Il caso aveva ad oggetto un cittadino italiano che lavorava nel Principato di Monaco e che percepiva un reddito da lavoro dipendente dal Ministero dell’Educazione Nazionale Francese.

Nel rivolgere la sua richiesta all’Agenzia delle entrate, l’uomo richiamava il primo comma dell’articolo 19 della Convenzione, il quale prevede che le remunerazioni pagate dallo Stato o da una sua suddivisione politica o amministrativa siano imponibili solo in detto Stato. Riteneva dunque, essendo un dipendente pubblico retribuito dallo Stato Francese, di non dover pagare le imposte sul reddito in Italia, potendo il suo reddito essere tassato soltanto in Francia.

Nel presentare l’interpello l’uomo evidenziava inoltre che, nonostante fossero state introdotte in Francia delle ritenute alla fonte analoghe a quanto previsto dalla legislazione italiana, sui redditi di lavoro dipendente non veniva effettuata nessuna trattenuta in busta paga ed i redditi non erano in definitiva tassati nel Principato di Monaco.

La risposta dell’Amministrazione Finanziaria

L’Agenzia delle entrate, nell’elaborare la sua risposta, dichiarava l’istanza inammissibile per motivi formali: in particolare perchè riteneva non fosse sufficientemente specifica circa le ragioni per cui l’uomo ritenesse di non essere imponibile in Italia.

Ad ogni modo, ai fini di compliance ed evidenziando che la stessa non avrebbe costituito risposta ad interpello, l’Amministrazione Finanziaria evidenziava che la Convenzione tra Italia e Francia che regola la ripartizione della potestà impositiva, è finalizzata ad “evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio”, sicché il presupposto per la sua applicazione è che si verifichi su un determinato reddito o patrimonio una potestà impositiva esercitata da entrambi gli Stati. Nel caso in oggetto non si verificava, secondo l’Amministrazione, una doppia imposizione, dal momento che i redditi non venivano tassati nel Principato di Monaco.

Un caso che non trova soluzione

Il caso in oggetto concerne un professore residente  in Italia, che insegna a Monaco, ma casi più frequenti concernono le persone che svolgono lavori presso gli ospedali oltre confine, ad esempio a Mentone.

Gli ospedali sostengono che si tratti di lavori esercitati da funzionari pubblici, e che dunque tali stipendi, in virtù dell’articolo 19 della Convenzione, siano imponibili solo in Francia. Non la pensa così l’Agenzia delle Entrate di Imperia.

Un duplice danno

Il danno è duplice per queste persone, perché, oltre a subire le sanzioni e gli interessi da parte italiana, che sono pesantissimi, subiscono, per la ragione che essi si ritenevano non imponibili in Italia, non avendo presentata la relativa dichiarazione dei redditi, il disconoscimento del credito d’imposta, per le imposte pagate in Francia, ai sensi dell’articolo 165 del Tuir.

Su un lordo annuo di 40.000€ di reddito, l’Agenzia delle Entrate arriva a chiederne 20.000€ tra tasse, sanzioni ed interessi, non tenendo in debito conto quindi quanto pagato in Francia.

Il problema poi è aggravato dal fatto che anche il Service des Impôts des Particuliers Non-résidents (SIPNR) di Noisy Le Grand non si pronuncia in maniera chiara e univoca sull’interpretazione dell’articolo 19. Dopo aver presentato l’interpello, lo stesso soggetto si è infatti rivolto alla SIPNR per chiedere la corretta interpretazione della disposizione. Questa, tuttavia, non ha dato una risposta nel merito, lasciando quindi il contribuente ed i contribuenti che si trovano in situazione analoga in balìa delle diverse interpretazioni.

 

Articolo redatto dal Expert Comptable Mauro Michelini.